Info Evento
C'È VITA SU VENERE
Durata 25′
di Michele Abbondanza e Antonella Bertoni | con Antonella Bertoni | luci Andrea Gentili | elaborazioni sonore Orlando Cainelli | direzione tecnica Claudio Modugno | maschera e oggetti di scena Nadezhda Simenova | abito Chiara Defant | organizzazione, strategia e sviluppo Dalia Macii | amministrazione e coordinamento Francesca Leonelli | ufficio stampa Marilù Ursi | comunicazione Erika Parise | foto Tobia Abbondanza
“In prossimità della propria morte la Fenice costruisce il nido: lì essa brucia completamente e dalle sue ceneri genera l’uovo nuovo.
“Il cigno” di Saint-Saëns (anche Zeus dovette trasformarsi in cigno per arrivare a fecondare l’uovo di Leda) genera qui un amato uovo di gallina.
Il conseguente festoso entusiasmo si declina in una consumistica esplosione rosa, che confluisce in un esaurimento e svuotamento del personaggio, esausto e circondato dai resti del suo agire.
Rimane solamente l’interprete abbandonata sotto il costume: è il tempo dello svelamento, di rivelare la possibile fragilità di chi si nasconde dietro a una maschera, dietro a un velo ed anche dietro al suo stesso viso. Per vedere chi la sta guardando e giudicare chi la sta giudicando.
Si innesta così l’ultima metamorfosi in creatura con stampelle, quadrupede espiatorio (capro?) o meraviglioso ed enigmatico ippogrifo, che lentamente si allontana, solitario passeggiatore tra passate rovine.”
(MA)
“Da molto ero lontana dalla scena, (esiti pandemici a parte) in timido ascolto e rispetto delle trasformazioni che l’età scava nel mio corpo.
Anni passanti in cui esitavo a compiere il passo di fare dei passi per compiere un passaggio: mostrarmi.
Allora forse proprio il momento speciale che stiamo vivendo mi ha spinto, come istintivamente, a ri-addentrarmi in una pratica che ben conosco e che pur sento nuova. Una pratica fisica e non, che si è rivelata subito sensibile ad una vocazione che sentivo in me primaria: anelare al momento dell’incontro, del “muovermi” del fare teatro.
E facendolo non ho potuto prescindere da un segno fortemente personale: persona, cioè letteralmente “la maschera di un personaggio (attore)”, che ho tentato e non so ancora se vanamente, di scalzarmi dal viso. Così sono approdata su di un altro pianeta, trovandoci un’infinità di vita e di altre vite. Di tutte sarebbe valsa la pena raccontare e danzare i contorni: ne ho attraversate solo e curiosamente alcune convinta che nessuna donna è “ogni donna”. L’ho fatto con la forma che mi ha dato e mi da questo tempo presente: d’argento, di quercia e di Venere.
Questo mio stare, questo mio essere è l’unico modo in cui sento svanire un po’ l’effimero che ci sopisce.”
(AB)
Dal 1989, anno della prima serata a loro firma, Michele Abbondanza e Antonella Bertoni hanno tracciato un cammino che oggi li identifica indiscutibilmente come i maestri del teatro danza italiano. Con la Compagnia Abbondanza/Bertoni hanno esplorato le più diverse poetiche pur rimanendo sempre fedeli a un loro personalissimo e riconoscibile vocabolario coreografico e umano.
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